Il volto della Luna

La Sibilla Appenninica

Nell’immagine medievale vive una figura misteriosa che ha goduto di grande fama, tanto lunga che ancora oggi qualcuno spera di vederla riemergere dalla sua grotta, mentre altri tentano di afferrare  la coda della sua leggenda in convegni, comitati, ed inutili ricerche archeologiche.

Sibilla però è un personaggio antico, molto più antico del medio evo, proveniente dal mondo della memoria, mitica progenitrice della religione.
A volerne rintracciare le origini occorre tornare alle radici del mito, sino a quel mondo dei desideri e delle paure umane.
La leggenda si sviluppa su due piani, il primo modello archetipo e la veste finale legata alle credenze della società cristiano-feudale e filosofico-pagana del medio evo e rinascimento.
Benchè la leggenda medievale sembri forse più affascinante è indispensabile cercare di  approfondire la mitologia sottostante che colloca la Sibilla in un’epoca molto più antica della civiltà classica greco-romana, agli albori della  spiritualità.
Il tentativo di ricostruire la storia della Sibilla, intrapreso con le migliori intenzioni, ci trasporta in una storia sconfinata ed incomprensibile. Prima ancora di poter raccontare qualcosa, ci si ritrova  in mano un fascio  di episodi come una matassa di fili aggrovigliati che mille mani impiegherebbero mille anni a sciogliere e sbrogliare, ed i singoli fili non appena si afferrano si spezzano tra le dita.
Dov’è il punto in cui si congiungono, l’inizio degli eventi?
Perchè si formi un collegamento, perchè una storia diventi narrabile, occorre trovarne un’unità ed attribuire a questa unità ciò che nella realtà si è svolto in maniera del tutto lineare.
Una ricostruzione fatta di tante immagini incomplete o frantumate, lasciano solo intuire, rispecchiare la storia.
Le immagini non sono la riproduzione di eventi o accadimenti storici e mitologici, ma provengono da  una lunga evoluzione spirituale e psicologica dell’uomo dalla sua condizione originale a quella di essere pensante e quello che riflettono è la storia non raccontabile dell’animo umano.

Adolfo De Carolis, Sibilla Appenninica, affresco, Palazzo del Governo, Ascoli Piceno

Il mio respiro

volato su nell’aria portato dal vento

invierà alle orecchie degli uomini presagi udibili

dentro i sogni veri e falsi

avviluppati in intricati enigmi

perché neanche dopo la mia morte

fedele al mio fato di follia

cesserò la profezia.

E avendo avuto visione di tutti i dolori del mondo

lontana mille miglia nell’aeree alto

come aquila tra le nuvole

seguirò i passi del tempo

e mostrando a tutti il mio volto stanco

dall’astro d’argento

veglierò sul destino dell’umanità