Le Sibille

Roma e la Sibilla

Roma considerò sempre la Sibilla come una profetessa itinerante, vagamente collegata alle varie località, la stessa Sibilla che consegnò i Libri Sibillini a tarquinio Prisco era descritta dai primi autori latini come una donna molto avanti negli anni, che corrispondeva vagamente alla descrizione che si faceva della Sibilla. Roma diede piuttosto il massimo valore all’oracolo piuttosto che alla Sibilla o Ninfa che l’aveva pronunciato. I responsi degli “haruspices” ed “agure” etruschi e “le sorti sibilline”, quest’ultime raccolte nei “Libri Sibillini”, affidati alla custodia dei “duunviri”, in seguito dei “decimveri” ed infine dei “quindecemviri sacris faciundis” scelti tra ex consoli ed ex pretori, assicuravano già al senato la  conoscenza di ogni possibile profezia e controllo sul futuro.

La Sibilla Cumana cominciò ad avere una certa popolarità a Roma quando i Libri Sibillini caddero sotto la mano riformista di  Augusto che nel 28 a.C. consacrò il grande tempio di Apollo sul Palatino e vi trasferì i Libri. Augusto aveva abbandonato il vecchio Giove Ottimo Massimo della Triade Capitolina e scelto il giovane solare  Apollo come suo patrono e custode delle “Sorti di Roma”.